venerdì 2 novembre 2012

Le Mani sulla Citta', Francesco Rosi, 1963

 la cineteca politica di Resistenza Internazionale

'I  personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, e' autentica invece la realtà' sociale ed ambientale che li produce.'

 E' con questa frase sovraimpressa, mentre sotto scorre una veduta aerea dei nuovi quartieri di Napoli, che si chiude Le Mani sulla Citta', il film di Francesco Rosi che fu premiato con il Leone d'oro a Venezia nel 1963.

Altrettanto forti e significative le immagini iniziali del film, quelle in cui l'imprenditore Nottola illustra ad un gruppo di colleghi e politici locali le proprie intenzioni di cambiare il piano regolatore per potere espandere la citta' la' dove sorgono terreni agricoli da acquistare a basso costo. Alti profitti e basso rischio, e' così che un suadente Nottola, probabilmente progenitore di odierni palazzinari, da' avvio al film.

Se non fosse per il bianco e nero ed altri dettagli di costumi si potrebbe pensare che questo film sia stato girato ieri, o dieci anni fa, oppure venti. Poco e' cambiato nel meridione a parte il panorama fisico delle città'.
Le Mani sulla Citta' parla dei compromessi tra potere economico e politico e di come essi abbiano trovato un equilibrio perfetto che e' stato capace di devastare non solo il paesaggio, ma anche l'uomo e la sua cultura. Nella maggior parte dei casi la vita nei centri storici ha dovuto lasciare il posto a grandi periferie la cui costruzione non e' stata accompagnata dalla creazione di servizi pubblici che avrebbero dovuto migliorare la qualità' della vita dei ceti popolari.
Il regista stesso parla di questo film come un film di fatti, la cui efficacia e' frutto di una narrativa semplice e lineare. L'analisi delle vicende che scaturiscono dal crollo di un immobile del centro storico -causato dalla costruzione di nuovi edifici adiacenti ai vecchi- si ricollega a trame di abusi di potere, conflitti di interessi, corruzione, clientelismo, immobilismo ed 'ozio' burocratico.
La Napoli descritta da Rosi nel film, peraltro sua città natale, e' ancora terra di latifondo in cui governanti e governati sono legati da un immutabile rapporto paternalistico. Non solo il sistema politico viene descritto come immobile, ma anche la coscienza del popolo e' lontana dall'evolversi, al contrario di quanto in quegli stessi anni stava avvenendo per la classe operaia del Nord Italia.
Se il boom economico che l'Italia visse al Nord all'inizio degli anni '60 abbia assunto le vesti di speculazione edilizia al Sud, questo e' stato possibile grazie alla "realtà' sociale ed ambientale che ha prodotto i fatti". Un sistema sociale e politico che più' che a sopravvivere e' riuscito a dominare immutato per più di mezzo secolo ed e' tutt'ora lungi dall'essere smantellato.

Cio' che fa orrore e' che nonostante l'esistenza di una visione critica, come quella data da Rosi in Le Mani sulla Citta' già' a partire dai primi anni '60, sia ancora possibile alla speculazione di mascherarsi in sviluppo, ad imprenditori di portare avanti interessi personali in nome del bene della comunità' intera, e che questo metodo forte dei successi e dei meriti ottenuti al meridione si stia oggi affermando sull'intero Paese.

Giulia Pirrone















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